Dove va il mondo del vino?

Winter is coming
Winter is coming, un monito familiare a chiunque conosca la serie televisiva Game of thrones. Qui non siamo sul set della HBO ma l’invito di Paul Mabray, tra gli speaker di wine2wine 2019, il forum internazionale targato Vinitaly, a seguire il motto di casa Stark, non è casuale. Il mondo del vino è cambiato negli ultimi anni, e bisogna tenere desta la guardia. L’Inghilterra, la Scandinavia, la Cina hanno cominciato seriamente a produrre, ampliando un mercato già competitivo, in cui il colosso statunitense, per la prima volta, mostra una leggera flessione. Il digitale è abbondantemente entrato nel campo delle vendite di beni e il vino non ha certo fatto eccezione, con Amazon pronta a lanciarsi nell’ennesimo affare. L’enoturismo ha subito una brusca impennata e le cantine, quando possono, si attrezzano con sale di degustazione simili a suite a cinque stelle, un campo dove i sommelier stanno prendendo sempre più piede nella veste di ambasciatori. Lo storytelling domina sui siti e la corsa al vino più buono, più verde, più originale è sotto gli occhi di tutti. Uno scenario che apre interrogativi ma che Mabray riassume in un’unica formula: economia dell’esperienza. L’esperienza di acquisto del cliente va messa al centro di tutto, già dallo schermo di un dispositivo: etichette, racconti, accessori, contenuti; un filo costante da reggere tramite sottoscrizioni e abbonamenti, che consenta di raccogliere dati e profilare con precisione aritmetica l’utente.
Millennials: un bluff?
Gli uffici marketing li osservano più di ogni altra categoria generazionale ma i millennials potrebbero non essere un segmento così importante, almeno oggi. Questo sostiene Joe Fattorini, conduttore di The wine show. Le analisi dimostrano come per i giovani inglesi nati tra il 1981 e il 1996 i consumi di vino pesano tre volte meno rispetto alla fascia degli over 50, che da sola detiene il 69% della ricchezza e orienta quasi la metà della spesa totale. Nonostante ciò – continua Fattorini – solo l’8% della spesa pubblicitaria e di comunicazione è investita su di loro. Il mondo del vino, insomma, a dare validità generale al campione britannico, sembrerebbe parlare a un pubblico più adulto, con più denaro da spendere e che vede già al centro del proprio stile di vita il vino. Questo non vuol dire che i millennials si disinteressino: solo che la loro attenzione crescerà con il trascorrere degli anni, e della disponibilità economica. Se le aziende vorranno conquistare un domani i giovani oggi collocati nella fascia dai 23 ai 39 dovranno declinare la loro comunicazione in chiave di relax, di condivisione tra amici e di consumo casalingo.
L’importanza crescente dell’etichetta
Comunicare il vino dal vivo è di per sé un’operazione complessa; farlo da uno schermo, o con un’etichetta, lo è ancora meno. Secondo Wine Meridian, le etichette italiane sono ancora molto povere di informazioni: “ci aspettiamo che i consumatori abbiano profonda conoscenza dei nostri vini, tanto da non indicarne le caratteristiche principali in etichetta, e li scelgano per via di queste pregresse conoscenze. Stiamo sbagliando. Se la ricerca avverrà, avverrà forse troppo tardi, o non sarà costruttiva all’acquisto. Viviamo in un mondo spietatamente rapido, ce ne siamo accorti?” Il connubio etichetta – smartphone è sempre più importante e il cammino a metà tra la riconoscibilità (colori accesi e grafiche di rottura) e la rassicurazione (colori tenui e immagini tradizionali) è sempre molto sottile. Certamente l’aumento del numero di persone istruite nel campo del vino non potrà che giovare al mercato, facilitando la consapevolezza della scelta a scaffale in supermercati ed enoteche. Uno dei contributi che i corsi di formazione di AIS possono fornire.
Gherardo Fabretti