Lucio Dalla: l’Etna e l’anidride solforosa

4 marzo 1943
Lucio Dalla era nato il 4 marzo del 1943. Il giorno dopo la sua nascita, a Torino, nell’officina 19 della Fiat Mirafiori gli operai davano inizio allo sciopero che coinvolgerà subito centinaia di migliaia di lavoratori: un collettivo incrociare le braccia che passerà alla storia come “gli scioperi del marzo 1943”.
Anidride Solforosa
E il 1943 rimarrà un anno importante anche per lui, perché darà il titolo a una delle sue canzoni più conosciute, 4/3/1943 appunto, dove il vino, sua grande passione, è una delle immagini dominanti. Il titolo dell’album che la ospita, il quinto realizzato, si chiama del resto Anidride solforosa. Tra ricordi d’infanzia ed emarginazione, lo spettro di una industrializzazione che tutto ingombra, e il vino, piccola ancora di salvezza. Presentata al Festival di Sanremo del 1971 insieme all’Equipe ’84, il brano giunse terzo. A quella canzone è legato un aneddoto raccontato dallo stesso Dalla: il titolo originario doveva essere Gesù Bambino, trattando la canzone di una ragazza madre che ha un figlio con un ignoto soldato alleato, ma fu giudicato irrispettoso. Pur non essendo un brano autobiografico, Dalla risolse l’impasse scegliendo come nuovo titolo la sua data di nascita. Anche la strofa più nota della canzone (“e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino”) era frutto di un compromesso con la RAI. Il testo originale, infatti, recitava: anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù Bambino.
Il vino sull’Etna e Carmelo Bene
A casa Dalla il vino non era particolarmente considerato, e i suoi primi approcci – come racconta – risalgono ai tempi delle prime serate nei locali jazz di Bologna. Da allora diventerà una presenza costante nella sua vita, legato soprattutto alla celebrazione, alle serate con gli amici. Nacque da questo, dal forte desiderio di condivisione, il suo vino prodotto sull’Etna, nella zona di Milo, dove negli anni Novanta aveva acquistato casa. Riservato al consumo privato, suo e delle sue tavolate, declinato in bianco e in rosso, aveva un nome fedele al personaggio: Stronzetto dell’Etna. L’idea saltò fuori durante una premiazione al Festival di Taormina. Carmelo Bene, incaricato di consegnare il premio a Dalla, lo aveva apprezzato fin troppo nel dietro le quinte: su di giri per i troppi bicchieri, esordì sul palco con un fulminante “ecco quello stronzetto di Lucio Dalla”. A Lucio non parve vero: aveva trovato il nome ideale.