Rossi d’estate

Potrebbe sembrare il periodo meno adatto per sorseggiare un bicchiere di vino rosso, eppure anche l’estate merita la propria quota di antociani. Basta orientarsi, e fare a meno delle asseverative etichette di certe bottiglie; quelle, per intenderci, che vedono solo “carni rosse e formaggi stagionati”, oltre all’immancabile “selvaggina”.
In questi Duemila gastronevrotici, in effetti, sembrano lontanissimi i tempi del borsone frigo e delle cotolette panate: i “fagottari” del Casotto di Sergio Citti sono ormai quasi estinti (purtroppo), e anche il fagiano, persino quello del Bar Sport di Stefano Benni, sembra passarsela meglio (almeno dal suo punto di vista).
Anche i produttori, del resto, paiono aver fatto mea culpa. Dopo essersi ribattezzati nelle brodose acque del litorale italiano, sempre più stravolte dall’apocalisse climatica, hanno capito, e deciso di risparmiare ai propri clienti un’ulteriore penitenza: il legno, dopo le cabine, abbandona i vini destinati alla feria agostana; i gradi, solidali, provvedono a ridursi, in bottiglia e dentro il frigo.
Timida, ma inesorabile, arriva allora la riscossa dei più miti. Come i cristiani nell’Antica Roma, lambruschi e rossesi, lacrime e frappati, emergono dalle catacombe cui le dure legioni tanniche le avevano costrette e alla luce del sole professano il loro verbo pacificatore. Esaltati dalle temperature più basse, questi e altri vitigni, se vinificati secondo precisi criteri, sono i rossi perfetti della stagione. Ecco sette suggerimenti, uno per ogni giorno della settimana.
• Dolcetto d’Acqui 2018 – Ca’ Bianca. Fondata negli anni Cinquanta, si trova nell’Alto Monferrato, in provincia di Alessandria, ed è oggi di proprietà del Gruppo Italiano Vini. Concentrata soprattutto sul barbera, produce anche questo eccellente dolcetto, arrotondato da sei mesi di acciaio. 13% di alcol.
• Rossese di Dolceacqua 2018 – Maixei. Nel ponente ligure i maixei sono i muretti a secco che sostengono le fasce di terra destinate alla coltivazione di vigneti, uliveti, fiori e ortaggi. La cooperativa Riviera dei Fiori, nata nel 1978 per riunire i produttori di Rossese di Dolceacqua, ha scelto questo nome per identificare la linea vinicola d’eccellenza. Sei mesi d’acciaio e 13% di alcol.
• Teroldego Lezèr 2018 – Foradori. Figlio di diverse partite, ospitate in cemento, legno e anfora; una breve macerazione, di 24 ore. Nasce così la creatura di Elisabetta Foradori, da uve teroldego (quasi) in purezza, provenienti da viti di trent’anni allevate con pergola trentina. 12,5 % alcol.
• Alto Adige Schiava 2018 – Tenuta Donà. Ad Appiano la tenuta della famiglia Donà varebbe da sola il viaggio. Hansjörg, proprietario, agronomo ed enologo, ha basato la sua filosofia sul minimo intervento in vigna e cantina. La sua schiava (con un 10% di pinot nero), 12,5 % di alcol, è godibilissima.
• Lambrusco di Modena Ancestrale 2018 – Francesco Bellei. La famiglia Cavicchioli, proprietaria della cantina, è un’autorità del lambrusco. Qui si vinificano solo uve di proprietà, coltivate nei vigneti compresi nei comuni di San Prospero e Bomporto, attualmente in fase di conversione biologica. Questo lambrusco di Sorbara rifermenta in bottiglia per 4 mesi con zuccheri naturali e lieviti indigeni. 11,5 % di alcol.
• Lacrima di Morro d’Alba Sensazioni di Frutto – Stefano Mancinelli. La famiglia Mancinelli, con Fabio prima e adesso con il figlio Stefano, ha contribuito ad ampliare la notorietà di questo vitigno marchigiano, di cui ha sperimentato tutte le versioni. 6 mesi di acciaio per 11,5% di alcol.
• Sicilia Frappato Laetitya 2018 – Casa di Grazia. Benedetto dal critico del New York Times, Eric Asimov, come rosso siciliano estivo per eccellenza, il frappato comincia a farsi conoscere anche fuori dai confini nazionali. Allevato da Marco Di Francesco e dalla moglie Maria Grazia vicino alle sponde del lago Biviere, a Gela, il frappato, come il resto del parco vitigni, è in fase di conversione al biologico. Prodotto dal 2016, non smette di piacere, anno dopo anno. 13% di alcol.
Gherardo Fabretti