AIS Piemonte
La sede AIS in Piemonte e le sue delegazioni
Il territorio
Una piccola ed elegante capitale europea, Torino: un paesaggio dominato da grandi vette alpine, ma l’immagine piemontese è quella di morbide colline langarole avvolte nelle nebbie autunnali, con le vigne colorate di tutte le sfumature del rosso e del giallo, in attesa di raccogliere i grappoli più nobili, quelli del nebbiolo. Una terra austera come i suoi abitanti. Una terra da vino. Da grande vino.
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Il Piemonte e il vino
Il vigneto piemontese si estende su 48.100 ettari ed è sfumato sulle tonalità blu e viola di grappoli che daranno vini di grande qualità: nel 2013, su una produzione dicirca 2.580.000 ettolitri di vino, circa l’81% era costituito da vini DOP. Eccezione: il Piemonte e la Valle d’Aosta sono le uniche regioni italiane che non propongono vini IGP.
I vini piemontesi sono soprattutto rossi ottenuti da monovitigno che, insieme ai pochissimi rosati, comunque in crescita, rappresentano oltre il 60% della produzione complessiva, anche se il moscato bianco è la base per la produzione di 85 milioni di bottiglie di Asti e Moscato d’Asti, vini apprezzati in tutto il mondo.
Il vitigno a bacca nera più coltivato, diffuso in gran parte della regione, è la barbera, che da sola rappresenta circa il 30% del vigneto piemontese. Vitigno a maturazione medio-tardiva, è vinificato per lo più in purezza, è versatile e consente di ottenere vini molto differenziati, dai tradizionali frizzanti e beverini, sempre meno diffusi, alle versioni più strutturate e ambiziose, in grado di garantire ottime evoluzioni nel tempo. In gioventù, i vini da barbera sono dotati di spiccata acidità e intensità cromatica, con decisi sentori di rosa, ciliegia e mirtillo, mora e sottobosco, tannini piuttosto moderati ma, se ottenuti da viti impiantate in zone ben esposte, buona nota alcolica.
L’uva piemontese per eccellenza, il dolcetto è il secondo vitigno a bacca nera (12%) ed è coltivato da secoli soprattutto nel Sud della regione, dove è protagonista di diverse denominazioni. Il dolcetto ha un ciclo vegetativo precoce, che soprattutto nelle Langhe ne ha favorito la diffusione nelle fasce collinari alte e fredde, non idonee ai vitigni a maturazione più tardiva come nebbiolo e barbera. Dotato di un ricco corredo polifenolico, dà colori che sfumano su profondi toni rubino e violacei, profumi di mora e mirtillo, tannicità ma in genere limitata acidità, con persistenza aromatica spesso caratterizzata da sentori di mandorla. I vini ottenuti da dolcetto si presentano con varie sfaccettature, sia nei profumi sia nella struttura.
Il grande nebbiolo, una delle più importanti uve a bacca nera del mondo, occupa solo il 10% del vigneto
piemontese, ma è la prova che quantità non fa sempre rima con qualità. Varietà a maturazione lenta, dotata di un importante corredo di zuccheri, acidi e polifenoli, nei territori in cui è coltivato è la prima pianta a germogliare e l’ultima a perdere le foglie, ed è vendemmiato in epoca tardiva, anche oltre la metà di ottobre. Nelle Langhe sono coltivate le tre sottovarietà lampia, michet e l’ormai raro rosé, nell’Alto Piemonte è coltivato il biotipo spanna, mentre a nord di Ivrea il vitigno prende il nome di picotendro.
In passato il freisa era considerato un vitigno di grande pregio – nel 1799 Nuvolone ne parlava come di ‘uve nere di prima qualità’ – ma la superficie vitata è in continua diminuzione e si concentra soprattutto nel Chierese e sulle colline ai confini delle province di Torino e Asti. Vendemmiato a fine settembre, possiede una buona dotazione cromatica e un significativo corredo acido-tannico. I vini sono secchi o dolci, anche frizzanti, in genere dotati di colori intensi, profumi di frutti di bosco e rose, viole e pepe, con una consistente trama tannica soprattutto nelle versioni più strutturate, destinate anche a una discreta evoluzione in legno.
Piemontesissimo è il grignolino, originario delle colline tra Asti e Casale Monferrato, tuttora l’area di massima vocazione. Raccolto a fine settembre, produce vini di moderata intensità cromatica, ricchi di profumi di pepe bianco, chiodi di garofano e lamponi, di media struttura, freschi e piacevolmente tannici. Quasi inesistente al di fuori del Monferrato, il Grignolino è un vino poco conosciuto oltre i confini regionali, ma per le caratteristiche gustative non omologabili e la versatilità a tavola, è oggetto di tenace affezione da parte dei vignaioli.
Tra le numerose varietà minori a bacca nera merita una particolare menzione il ruchè, antico vitigno probabilmente originario di Castagnole Monferrato e dei comuni limitrofi, in provincia di Asti. Vendemmiato verso la terza settimana di settembre e un po’ eccentrico, dà vini di colore rubino, con originali profumi di pesca e rosa, fragolina di bosco e spezie, tannici e non particolarmente freschi.
I pelaverga grosso e piccolo sono due vitigni distinti che danno vini molto diversi. Il pelaverga grosso, originario del Saluzzese e presente in misura limitata nel Chierese, matura a inizio ottobre e produce vini fruttati di fragola e ribes rosso, freschi e delicatamente caldi, per tradizione dolci sulle colline intorno a Torino. Il pelaverga piccolo, coltivato nel comune langarolo di Verduno, matura in epoca medio-tardiva e dà vita a vini di colore rubino chiaro, con intensi profumi di lampone e pepe, di media struttura, buona freschezza e limitata nota alcolica.
Nell’Alto Piemonte è diffusa la coltivazione di vitigni tradizionalmente complementari del nebbiolo. La vespolina apporta colore e profumi speziati ed è talvolta impiegata in purezza, l’uva rara o bonarda novarese offre caratteristici profumi floreali, la croatina dà profumi di frutti e fiori rossi, moderata acidità e buon tenore alcolico.
i vitigni aromatici rappresentano un’altra peculiarità della regione, per lo più utilizzati per la produzione di spumanti metodo Martinotti, che ne mantiene perfettamente la fragranza dei profumi e la vivace freschezza.
Il moscato bianco o di Canelli è il secondo vitigno del Piemonte e occupa circa il 22% della superficie vitata. Il Moscato d’Asti è deliziosamente aromatico, dolce ma dotato di rinfrescante acidità, profuma di salvia, citronella e pesca bianca. Tradizionale è anche la versione passita, diffusa un po’ in tutto il Monferrato, ma con alcune piccole zone di elezione nell’Acquese, in particolare a Strevi e a Loazzolo, nella Langa astigiana.
Sempre intorno ad Acqui si trova il territorio di origine del brachetto, vitigno aromatico a bacca nera che si estende anche in un’ampia porzione del Monferrato astigiano. Il brachetto si raccoglie nelle prime due decadi di settembre e produce vini di colore rubino chiaro, con inebrianti profumi di rosa e fragoline di bosco. Il brachetto è molto diffuso anche nel Roero, dove è utilizzato per la produzione di un vino chiamato Birbet – birichino – mosto parzialmente fermenta- to, dolce e delicatamente frizzante, che non rientra in nessuna denominazione, nonostante l’ottima qualità.
Molto piacevoli e profumate sono le due malvasie piemontesi a bacca nera, la malvasia di Casorzo e la malvasia di Schierano. La prima si coltiva attorno al comune omonimo e in quelli limitrofi, ai confini tra Astigiano e Alessandrino, ed è vendemmiata all’inizio di ottobre. La seconda deriva dall’omonima frazione di Passerano Marmorito nell’Astigiano, è coltivata ai confini tra le province di Torino e Asti, è vendemmiata nella terza decade di settembre e dà origine alla Malvasia di Castelnuovo Don Bosco. Entrambe danno vini dolci, lievemente frizzanti o spumanti, con intensi profumi di rosa e mirtillo, e una piacevole nota tannica che riequilibra la dolcezza finale.
Celebre nel mondo per i suoi vini rossi, il Piemonte possiede tuttavia una significativa varietà di uve autoctone a bacca bianca. Tra queste, la più coltivata è il cortese – diffuso ampiamente nel Casalese, nei Colli Tortonesi e a Gavi – che si ritroverà anche nell’Oltrepò Pavese e in altre zone in Lombardia. Questo vitigno predilige terreni ben esposti, asciutti e poco fertili, matura a fine settembre e ha una produttività potenzialmente elevata, soprattutto se impiantato su suoli ricchi. Il suo storico territorio di elezione è Gavi, dove è presente almeno dal XVII secolo. Qui, nei terreni migliori e con rese limitate, dà vini eleganti, freschi e sapidi, di media struttura e interessante longevità, rivelando anche eccellenti potenzialità come base-spumante per il metodo Classico.
Terzo vitigno autoctono a bacca bianca per superficie coltivata, l’erbaluce è molto meno conosciuto fuori dal Piemonte. Originario del Nord della regione, ha il suo centro di elezione nel Canavese, in provincia di Torino, ma è diffuso anche nelle province di Biella, Vercelli e Novara, dove è chiamato greco novarese. La sua storica notorietà è legata allo straordinario vino passito, ottenuto a Caluso con appassimento naturale dei grappoli per oltre quattro mesi nei sulè, i solai. Da questo vitigno si ottengono vini eleganti, con profumi di tiglio e acacia, erbe aromatiche e susine gialle, freschi e sapidi, ma anche dotati di buona morbidezza.
Un’altra importante varietà autoctona, rinata a cavallo degli anni ’70-’80, è l’arneis, originario del Roero. Protagonista di un’impetuosa crescita colturale e di un inarrestabile successo commerciale, oggi è sempre più diffuso anche nelle vicine Langhe. Vendemmiato intorno alla terza decade di settembre, produce vini con intense note di fiori, frutta a polpa bianca e vegetali, di buon vigore e inconfondibile sapidità.
Un altro vitigno considerato autoctono è la favorita, che ha il suo epicentro colturale nel Roero, dove è già citata nel 1676. In realtà è un vermentino giunto in Piemonte dalla vicina Liguria e sui Colli Tortonesi è vinificata in purezza, con profumi di fiori ed erba, pera e nespola, con buona freschezza e sapidità.
Il vitigno a bacca bianca più interessante degli ultimi anni è il timorasso – morasso o timoraccio o timuassa – una vera rarità ampelografica, strappato all’oblio cui sembrava destinato grazie all’opera di un geniale viticoltore tortonese negli anni ’80. Dal punto di vista ampelografico, il timorasso presenta una forte contiguità genetica con il sauvignon, con cui condivide la vibrante forza acido-sapida e l’intensità olfattiva, con spiccati sentori agrumati ma senza eccessi vegetali. Dotato di grande predisposizione all’invecchiamento, mette in luce una intensa mineralità, con sentori di pietra focaia e, nel tempo, di idrocarburi, che lo avvicinano ai Riesling alsaziani e tedeschi.
Tra i vitigni internazionali prevale decisamente lo chardonnay, diffuso in tutta la regione e utilizzato con successo nella produzione di vini bianchi fermi, anche con evoluzione in legno e interessanti potenzialità di evoluzione.
Il pinot nero è coltivato nel Monferrato fin dall’800, su impulso di Cavour, e oltre a qualche buona versione in rosso, è utilizzato come base per la produzione di importanti spumanti metodo Classico, sia in purezza sia in assemblaggio proprio con lo chardonnay.
Le zone vitivinicole
Le Delegazioni di AIS Piemonte
L’Associazione Italiana Sommelier è presente in Piemonte con 10 delegazioni:
- Torino
- Alessandria
- Asti
- Biella
- Canavese
- Casale Monferrato
- Cuneo
- Novara
- Verbania
- Vercelli