AIS Trentino
La sede AIS in Trentino e le sue delegazioni
Il territorio
La Marmolada, le Dolomiti di Brenta e la Paganella sono solo alcuni degli splendidi scenari che si aprono a incorniciare laghetti alpini, valli verdeggianti e altopiani ondulati, tra distese di pino mugo, faggeti, abetaie, boschi di larici e immense coltivazioni di meli. E si arriva al Lago di Garda, il più grande d’Italia, con le sue acque verdi punteggiate dalle vele colorate di tanti windsurf.
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Il Trentino e il vino
Quasi la metà della superficie agricola del Trentino è occupata da vigneti, che si distendono complessivamente su circa 10.000 ettari. La parte più fertile si concentra nell’area centrale, solcata dall’Adige, con vigneti dislocati prevalentemente in collina (41%) e nei fondovalle (39%), mentre il 20% raggiunge i ripidi declivi della montagna.
Nel 2013 la produzione è stata di circa 990.000 ettolitri di vino – 73.5% DOP e 21.4% IGP – con la netta prevalenza di vini bianchi (71%), tra i quali lo spumante svolge un ruolo determinante anche sotto il profilo qualitativo.
Chardonnay e pinot grigio sono i protagonisti indiscussi della viticoltura trentina e in coppia ne rappresentano oltre il 50%; il primo è impiegato soprattutto nella produzione spumantistica, il secondo è in forte crescita grazie all’apprezzamento di cui gode nei paesi anglofoni, soprattutto negli Stati Uniti.
Lo chardonnay (28.4%) domina la produzione degli spumanti metodo Classico, che mettono in evidenza una grande freschezza e un’incisiva sapidità, con una spiccata nota minerale accanto ai classici sentori di lievito e crosta di pane, e accenti fruttati che spaziano dall’albicocca alla mela golden e alla frutta esotica. Oltre allo chardonnay, nelle cuvée di questi spumanti è talvolta prevista una piccola integrazione di pinot bianco, pinot nero o pinot meunier, che in queste terre registra una delle rare presenze in Italia. Lo chardonnay è anche impiegato per la produzione di vini fermi, che possono essere arricchiti da una sapiente fermentazione in legno e da successivi passaggi in botte grande o barrique.
Il pinot grigio (25%), vinificato soprattutto in bianco, più di rado nella tradizionale versione ramata con delicate sfumature buccia di cipolla, esprime suadenti aromi di pera e mela, ananas ed erba sfalciata, fiori bianchi e gialli.
Seguono il müller thurgau (9%) e il traminer aromatico (3.6%) – sempre più di moda – e negli ultimi anni, l’incrocio manzoni bianco, che sempre più produttori stanno valorizzando con ottimi risultati.
Decisamente meno significativa è la presenza di pinot bianco, sauvignon, nosiola e riesling, con le loro deliziose note di agrumi, frutta fresca ed erbe aromatiche e, a volte, minerali. In particolare, la nosiola è un vitigno autoctono che richiama la nocciola sia nel colore delle bucce sia nel sapore leggermente ammandorlato.
Moscato giallo e moscato rosa sono la base per intriganti vini da dessert profumati e dolcissimi. Il primo è vinificato anche nella versione secca, fresca e piacevole, il secondo regala una fragrante aromaticità e intensi accenti di fragoline, lamponi e rose.
Tra i vitigni a bacca nera, teroldego (6.2%) e merlot (6.1%) occupano i primi due posti, mentre la schiava contende il terzo posto al marzemino.
Il teroldego è un vitigno a maturazione medio-tardiva e dà un vino di struttura, dal colore rosso rubino, con sentori di more, mirtilli e lamponi maturi ed effluvi balsamici, mentre il merlot amplia il ventaglio olfattivo con richiami di confetture, ciliegie e spezie e dona al vino una buona morbidezza.
Il marzemino gentile (3.4%) è più delicato, con profumi fruttati e floreali, sempre piacevolmente fresco, così come la schiava, che offre le inconfondibili nuance di viola, ciliegia e ribes rosso, trama tannica leggera e nota finale ammandorlata. Di origini lontane, le tesi più recenti fanno derivare il marzemino dalla città di Merzifon, in Asia Minore, accantonando così il legame con Marzmin, villaggio tra Carinzia e Slovenia.
Altri vitigni tradizionali sono l’enantio o lambrusco a foglia frastagliata – menzionato già da Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. – una varietà a maturazione piuttosto tardiva, che si esprime in un vino fresco e tannico, da far sostare in legno per raggiungere un buon equilibrio, e il rebo – ottenuto negli anni ’50 da un incrocio tra merlot e teroldego, a opera del Professor Rebo Rigotti presso l’Istituto di San Michele all’Adige – che dà un colore quasi impenetrabile e buona fragranza, con finale vagamente ammandorlato.
Cabernet sauvignon e franc, lagrein, pinot nero e syrah, diversamente da quelli prodotti nel confinante Alto Adige, hanno minori prerogative di evoluzione nel tempo. Groppello di Revò, pavana, franconia e casetta completano il quadro ampelografico trentino.
Le zone vitivinicole
Le Delegazioni di AIS Trentino
L’Associazione Italiana Sommelier è presente in Trentino con 3 delegazioni:
- Trentino Occidentale
- Trentino Orientale
- Trentino Centrale